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martedì 13 dicembre 2016

S. Lucia - Festa della Luce

©http://dierbainerba.blogspot.it – Maria Caterina Ranieri – all rights reserved ॐ


La festività di oggi passa quasi inosservata, dico quasi, perchè grazie al proverbio: << S. Lucia il giorno più corto che ci sia>> non passa inosservata, nella realtà rappresenta la "Festa della Luce" e mai come in questo periodo buio l' Umanità ha bisogno di Luce...in questo post, riporto tal quali  questi articoli di proprietà degli autori che li hanno creati, buoan lettura! "Santa Lucia nasce a Siracusa il 13 Dicembre del 304, fu una martire cristiana, morta durante le persecuzioni di Diocleziano a Siracusa; è venerata come santa dalla Chiesa cattolica e dalla Chiesa ortodossa. 

Nell'introduzione al romanzo storico Lucia di René du Mesnil de Maricourt, Ampelio Crema ha scritto che: «la prima e fondamentale testimonianza sull'esistenza di Lucia ci è data da un'iscrizione greca scoperta nel giugno del 1894 dal professor Paolo Orsi nella catacomba di San Giovanni, la più importante di Siracusa: essa ci mostra che, già alla fine del quarto secolo o all'inizio del quinto, un siracusano - come si deduce dall'epigrafe alla moglie Euschia - nutriva una forte e tenerissima devozione per la "sua" santa Lucia, il cui anniversario era già commemorato da una festa liturgica. Tale iscrizione è stata trovata su una sepoltura del pavimento, incisa su una pietra di marmo quadrato, misurante cm 24x22 e avente uno spessore di cm 3, tagliata irregolarmente. Le due facce della pietra erano state ricoperte di calce: ciò indica che la tomba era stata violata».
E così suona l'epigrafe o iscrizione di Euschia:
« Euschia, irreprensibile, vissuta buona e pura per circa 25 anni, morì nella festa della mia santa Lucia, per la quale non vi è elogio come conviene. Cristiana, fedele, perfetta, riconoscente a suo marito di una viva gratitudine. »

Di santa Lucia esiste a Siracusa il «loculo», cioè la tomba primitiva, sulla quale fin dai tempi antichi sorse una chiesa, rifatta poi nel Seicento. Inoltre «esistono iscrizioni, che testificano una remota e fervida devozione per la Martire e un culto liturgico già stabilito dai primi secoli. Infine, esiste una di quelle "Passioni" con le quali la devozione dei fedeli ha ricamato di fantasia, sopra un canovaccio certamente storico».

Narrano di una giovane, orfana di padre, appartenente ad una ricca famiglia di Siracusa, che era stata promessa in sposa ad un pagano. La madre di Lucia, Eutichia, da anni ammalata, aveva speso ingenti somme per curarsi, ma nulla le era giovato. Fu così che Lucia ed Eutichia, unendosi ad un pellegrinaggio di siracusani al sepolcro di Agata, pregarono sant'Agata affinché intercedesse per la guarigione della donna. Durante la preghiera Lucia si assopì e vide in sogno sant'Agata che le diceva: Lucia, perché chiedi a me ciò che puoi ottenere tu per tua madre? 

Nella visione sant'Agata le preannunciava anche il suo patronato sulla città di Siracusa. Ritornata a Siracusa e constatata la guarigione di Eutichia, Lucia comunicò alla madre la sua ferma decisione di consacrarsi a Cristo. Il pretendente, insospettito e preoccupato nel vedere la desiderata sposa vendere tutto il suo patrimonio per distribuirlo ai poveri, verificato il rifiuto di Lucia, la denunciò come cristiana. Erano in vigore i decreti di persecuzione dei cristiani emanati dall'imperatore Diocleziano.

Il processo che Lucia sostenne dinanzi all'arconte Pascasio attesta la fede ed anche la fierezza di questa giovane donna nel proclamarsi cristiana. Minacciata di essere esposta tra le prostitute, Lucia rispose: "Il corpo si contamina solo se l'anima acconsente". Il proconsole allora ordinò che la donna fosse costretta con la forza, ma lei diventò così pesante, che decine di uomini non riuscirono a spostarla. Il dialogo serrato tra lei ed il magistrato vide addirittura quasi ribaltarsi le posizioni, tanto da vedere Lucia quasi mettere in difficoltà l'Arconte che, per piegarla all'abiura, la sottopose a tormenti. Lucia uscì illesa da ogni tormento fino a quando, inginocchiatasi, venne decapitata. Prima di morire annunciò la destituzione di Diocleziano e la pace per la Chiesa.

Privo di ogni fondamento, ed assente nelle molteplici narrazioni e tradizioni, almeno fino al secolo XV, è l'episodio di Lucia che si strappa gli occhi. L'emblema degli occhi sulla coppa, o sul piatto, è da ricollegarsi, semplicemente, con la devozione popolare che l'ha sempre invocata protettrice della vista a motivo del suo nome Lucia (da Lux, luce).

La sua iconografia vede spesso gli occhi accompagnati dal pugnale conficcato in gola. Il motivo di questa raffigurazione risiede nel racconto dei cosiddetti Atti latini che descrivono la morte di Lucia per jugulatio piuttosto che per decapitazione.
Attestato dalla testimonianza scritta di un testimone oculare, come il miracolo della fine della carestia dell'anno 1646, domenica 13 maggio 1646, una colomba fu vista volteggiare dentro la Cattedrale durante la Messa. Quando la colomba si posò sul soglio episcopale, una voce annunciò l'arrivo al porto di un bastimento carico di cereali. La popolazione tutta vide in quella nave la risposta data da Lucia alle tante preghiere che a lei erano state rivolte.

La sua festa liturgica ricorre il 13 dicembre; antecedentemente all'introduzione del calendario gregoriano (1582), la festa cadeva in prossimità del solstizio d'inverno (da cui il detto "santa Lucia il giorno più corto che ci sia"), ma non coincise più con l'adozione del nuovo calendario (differenza di 10 giorni). La celebrazione della festa in un giorno vicino al solstizio d'inverno, è probabilmente dovuta alla volontà di sostituire antiche feste popolari che celebravano la luce e si festeggiano nello stesso periodo nell'emisfero nord. Altre tradizioni religiose festeggiano la luce in periodi vicini al solstizio d'inverno come ad esempio la festa di Hanukkah ebraica, che dura otto giorni come le celebrazioni per la santa a Siracusa, o la festa di Diwali celebrata in India.

Il corpo della santa, prelevato a Siracusa nel 1040 dai Bizantini di Giorgio Maniace, giunse a Costantinopoli; da qui è stato successivamente trafugato dai Veneziani che conquistarono la capitale bizantina nel 1204 ed è quindi attualmente conservato e venerato nella chiesa di San Geremia a Venezia.

Le sacre spoglie della santa siracusana tornarono eccezionalmente a Siracusa per sette giorni nel dicembre 2004 in occasione del 17º centenario del suo martirio. L'arrivo e la partenza delle spoglie furono salutati da una incredibile folla di siracusani; riscontrata l'elevatissima partecipazione e devozione dei devoti, siracusani e non, da allora si è fatta strada la possibilità di un ritorno definitivo tramite alcune trattative tra l'Arcivescovo di Siracusa Giuseppe Costanzo e il Patriarca di Venezia Angelo Scola.
(fonte http://www.parrocchiasanbenedettocagliari.it/index.php?nodo=pagina&id=27&p=25&lingua=)"

"Il 13 dicembre segna l’inizio del Natale in Svezia e in Norvegia, giorno in cui si festeggia Santa Lucia: messaggera di luce proprio come il suo nome (lux, lucis). In Italia si dice “Santa Lucia il giorno più corto che ci sia” ma in realtà lo era un tempo, con il vecchio calendario giuliano,  quando la festa della Santa per via dello sfasamento tra i giorni contati (in modo impreciso) dal calendario civile e quelli del calendario solare cadeva al Solstizio d’Inverno. La confusione è nata con l’introduzione del calendario gregoriano che ha rimesso a posto il tempo, ma ha eliminato dal vecchio calendario un bel po’ di giorni.
Lucia pare fosse una ragazza siciliana cristiana (per la precisione di Siracusa) vissuta nel ultimo ventennio degli anni del 200 a.C. che piuttosto di sposarsi con un pagano preferì la morte per martirio. In effetti una Lucia venne martirizzata a Siracusa durante la persecuzione di Diocleziano, ma non si sa come e perchè.
La fantasia popolare ha poi innestato sulla narrazione pseudo-storica la leggenda che Lucia si fosse strappata gli occhi, qualificandola come protettrice della vista; così viene ritratta con la coppa che contiene i suoi occhi.
La santa è una delle tante varianti di Demetra la dea greca che nei riti eleusini era collegata al mito di morte e rinascita di Madre Natura (Demetra e Core o Persefone): così al solstizio d’inverno anticamente in Sicilia (ovvero la Magna Grecia) si invocava Demetra dea della luce perchè riportasse la luce e l’abbondanza delle messi.

LA SANTA E L’ASINELLO

Prima che Babbo Natale diventasse l’internazionale dispensatore di regali per i bambini, era Santa Lucia a volare sui campi ricoperti di neve con una corona di luce sopra i capelli, e ancora oggi in alcune regioni d’Italia (ad esempio nel Trentino occidentale, nel Veneto, nel Bergamasco e nella Brianza) si aspetta Santa Lucia, che passa nella notte tra il 12 e il 13 dicembre a cavallo del suo asino per portare regali ai bambini. Per mandare a letto i bambini impazienti, che volevano restare svegli per vedere la Santa, li si spaventava dicendo che lei li avrebbe accecati con la cenere del camino e sarebbe passata oltre senza lasciare i doni. Così la santa svolge un po’ le funzioni dell’italica Befana: premia i bambini buoni con piccoli doni, dolcetti e torroncini, ma anche frutta secca ed arance, invece ai bambini cattivi porta solo carbone.
La venerazione della Santa dal Sud al Nord d’Italia è legato al tortuoso percorso delle sue reliquie in particolar modo nel Medioevo sotto la Repubblica di Venezia. Il corpo della santa, prelevato in epoca antica dai Bizantini a Siracusa, è stato successivamente trafugato dai Veneziani quando, partiti per le Crociate, saccheggiarono invece Costantinopoli. Oggi il corpo è conservato e venerato nella chiesa di San Geremia a Venezia.

LA SANTA IN SVEZIA E MISS LUCIA

Nei paesi scandinavi anche la Chiesa Luterana stranamente celebra la Santa: in Svezia in suo onore, le figlie maggiori della famiglia si alzano prima dell’alba, vestite di una camicia da notte bianca e coronate con rami di biancospino o d’edera e 7 o 12 candele accese. Portano, aiutate dai più piccoli (che rappresentano le stelle), la colazione agli adulti della casa, ossia caffè nero e un dolcetto speciale chiamato in svedese Lussekatt. In teoria i dolcetti dovrebbero essere preparati la mattina stessa, ma più spesso vengono solo infornati o sono serviti quelli preparati il giorno prima. I bambini si mettono in coda dietro Lucia, l’unica con corona di candele, in processione (luciatåget ossia il treno di Lucia), cantano le canzoni tradizionali e l’immancabile Luciasången.
L’usanza è nata nel 1700 tra le famiglie alto-borghesi della zona intorno al lago Vänern, adesso è diventata occasione dell’elezione di Miss Lucia, così le città della Svezia il 12 e il 13 dicembre brulicano di belle ragazze in vestaglia bianca fermata da una cintura rossa in vita , che cantano la canzone di Santa Lucia e salutano con la mano nei supermercati e nelle chiese, offrendo sorrisi e biscotti. Quindi anche se il giorno non è considerato festivo è come se lo fosse perchè nelle scuole e negli uffici è tutto un luciatåget, cori e dolcetti tradizionali.

FESTA DELLA LUCE

Un tripudio di candele, processioni, canti..
Nel tempo si sono stratificati tanti significati legati al giorno solstiziale, così il giorno è rimasto sostanzialmente una festa della luce: grandi falò, sfilate con fiaccole e tante cerimonie piene di candele accese per simboleggiare la vittoria della luce sulle tenebre; Lucia è custode del giorno più corto dell’anno (e perciò cieca ovvero priva di luce) ma nello stesso tempo è testimone del passaggio delle tenebre alla luce, perchè dopo il solstizio le ore di luce cominciano progressivamente ad aumentare allungando così la durata del giorno!
La canzone di Santa Lucia (Luciasången) che gli svedesi cantano con tanto fervore non è altro che l’italianissima “Santa Lucia ovvero la canzone napoletana scritta da Teodoro Cottrau (napoletano di origini francesi se proprio vogliamo cavillare); la canzone originaria non ha niente a che vedere con la Santa, ma con un quartiere popolare di Napoli, guardato dal barcaiolo che si gode il bel panorama dal golfo di Napoli e si commuove nel vedere il suo rione.
A Teodoro Cottrau va attribuita la paternità della notissima canzone Santa Lucia, pubblicata nel 1850, per comporre la quale si ispirò probabilmente all’aria “Com’è bello, quale incanto” della Lucrezia Borgia di Donizetti. I versi del brano celebrano il pittoresco aspetto del rione marinaro di Santa Lucia, intonati da un barcaiolo che invita a fare un giro sulla sua barca, per meglio godere il fresco della sera. La canzone scritta in napoletano ebbe scarso successo: la popolarità voltò le spalle ai versi originali in dialetto, tanto che lo stesso Cottrau pensò ad una versione in lingua italiana, con i testi di Enrico Cossovich, trasformandola nella prima canzone napoletana tradotta nell’idioma dantesco. La rinnovata composizione divenne immediatamente un successo nazionale, conoscendo un trionfo che la proiettò di lì a poco fuori dalla penisola. Ancora oggi la si ritrova nei repertori musicali dei migliori cantanti al mondo, sia lirici che leggeri.[...]

Sul brano però è accesa una disputa, altre fonti riportano che il testo sia stato scritto dal barone Michele Zezza e pubblicato dal Cottrau in qualità di editore e compositore per la parte musicale, successivamente tradotto in italiano dallo stesso Cottrau per sancire l’unità d’Italia anche con le canzoni. La versione che però rese il brano famoso a livello mondiale fu quella del poeta e giornalista Enrico Cossovich (1822-1911).


La tradizione scandinava sembra abbia avuto inizio nel 1764, quando un sacerdote, a Vestergotland, raccontò di essere stato svegliato, nel cuore della notte, da un canto misterioso. Al risveglio vide due fanciulle vestite di bianco, una con un candelabro d’argento acceso e l’altra che stava preparando la colazione sulla tavola. A poco a poco la processione dei bambini dalla prime case delle famiglie aristocratiche di Skane si è diffusa in tutta la Svezia nelle chiese, scuole, ospedali, centri anziani e nei vari luoghi di lavoro in cui Lucia e le sue damigelle portano doni e cantano canzoni .

Alle finestre si sprecano i portacandele accesi che con il calore della fiamma fanno girare i carillon di carta appesi più in alto. Un’altra decorazione molto comune è la corona di grano addobbata con bacche rosse e candele accese (tanto per non dimenticare il legame con Demetra).

La tradizione era diventata così popolare che nel 1927 un quotidiano di Stoccolma ebbe l’idea di inaugurare il primo concorso tra i lettori per votare la Lucia più bella. Da allora ogni anno si elegge una Lucia in ogni città e la “Lucia” dell’Anno è incoronata a Stoccolma da un Premio Nobel della letteratura. Non solo, la Lucia che vince il concorso di Miss vola fino a Siracusa per partecipare ai festeggiamenti siciliani.

Ma la celebrazione di S. Lucia nei paesi scandinavi ha radici profonde: oltre al ricordo della santa, si festeggia la luce che diminuisce fino al prossimo solstizio d’inverno; le fiammelle delle candeline a corona sul capo di Lucia, sono la luce che muore e poi ritorna; le tuniche bianche sono il simbolo della verginità come sacre vestali custodi del fuoco; le processioni sono un presagio rituale della natività e dell’attesa per la vita nascente, nel nuovo ciclo stagionale. 

Così 12 sono i giorni che separano Santa Lucia dal Natale come dodici sono i giorni del Natale fino alla festa dell’Epifania.
(fonte: http://terreceltiche.altervista.org/il-giorno-di-santa-lucia/)"


"Nel cuore dell’oscurità più fitta le lanterne accese dondolano sui loro ganci arrugginiti, mazzi di vischio, abete e agrifoglio, appesi fuori dalla porta, raccolgono la brina e scacciano i folletti del buio, e una grande candela bianca arde davanti alla finestra. Il suo lume inviterà la santa fanciulla coronata di fiamme ad entrare, per scaldarsi vicino al focolare e lasciare sotto l’albero di Natale i suoi regali: dolcetti speziati, frutta secca e un piccolo raggio di luce.

In molti paesi d’Italia e del Nord Europa, la tradizione vuole che Lucia visiti le case nella notte del tredici dicembre, portando doni nutrienti e luminosi. Ma chi era in origine questa santa misteriosa? E quale volto di luce si cela oltre le sue mitigate sembianze odierne? 

Secondo la storia dei santi Lucia fu una vergine che visse verso la fine del III secolo d.C. durante l’impero di Diocleziano, quando ancora esistevano le leggi che proibivano di praticare la religione cristiana. La fanciulla però desiderava ardentemente di consacrare la sua vita al cristianesimo, e così decise di donare tutti i suoi ricchi averi ai poveri e rifiutò il matrimonio, attirando le ire del suo promesso sposo, che la denunciò come cristiana alle autorità dell’epoca. La povera Lucia venne quindi processata, interrogata a lungo e torturata – sebbene gli atti del processo dichiarano che non patì alcun dolore – e infine venne data alle fiamme e poi decapitata. (1)

Alcune versioni medioevali della storia affermano che durante le torture alla giovane fossero stati cavati gli occhi, oppure che lei, per allontanare da sé l’insistente promesso sposo, se li fosse strappata e glieli avesse mandati dentro a un piatto, chiedendogli di essere lasciata in pace. 

Questi avvenimenti secondari spiegherebbero la credenza secondo cui Lucia sia protettrice della vista e dei ciechi, nonché l’usanza di raffigurarla con un piattino, una coppa o una tazza, contenente i suoi occhi; ma ciò nonostante non vi è traccia nei documenti originari di quanto queste versioni più tarde affermarono, e quindi probabilmente si trattò di un travisamento lontano dal tema (presumibilmente) nativo, oppure di piccole ma significative aggiunte dettate da leggende anteriori. (2)
Dopo la sua morte, Lucia fu riconosciuta come martire cristiana ed elevata a santa patrona della città di Siracusa, diventando da subito profondamente cara al cuore dei fedeli, che la celebrano ogni anno durante le festività natalizie.

Questo è dunque ciò che riferisce l’agiografia di Lucia, la quale non sembra avere alcun legame con la religione precristiana e soprattutto con quella delle regioni scandinave, dove la festa a lei dedicata è ancora oggi una delle più sentite e onorate. Tuttavia, a differenza della sua storia comune, sono proprio il Giorno di Santa Lucia – Saint Lucy’s Day – e i suoi festeggiamenti ad essersi intrecciati a radici antiche, ovvero ad essersi innestati su festività solstiziali pagane, precedenti il cristianesimo e incentrate sul ritorno della luce nel buio e gelido inverno.
Nei primi tempi, infatti, la notte di Lucia era onorata proprio durante il solstizio invernale, con la chiara intenzione di sostituire le antiche celebrazioni popolari con una nuova ricorrenza accettata dalla chiesa, e solo dopo diverso tempo, a causa del passaggio dal calendario giuliano a quello gregoriano, questa festa risultò anticipata di dieci giorni.

La tradizione di Santa Lucia”, quindi, “è solo un altro esempio della cristianizzazione delle credenze e delle usanze pagane” (3) ed è proprio rivolgendoci a queste che possiamo scoprire, o ritrovare, il volto luminoso e benefico di quelle divinità femminili alle quali Lucia si è sovrapposta, o dalle quali è stata accolta come divina e splendente sorella.

Del resto il suo destino non poteva non essere quello che già il suo nome aveva voluto per lei: Lucia deriva infatti dal latino lux, col significato di “luce”, e si traduce anche con “puro, bianco, radiante”. Inoltre la radice latina lux è parallela alla radice sanscrita lok, che significa “vedere” e dà origine a lokate, “guardare” e locàna, “occhio”.

Lucia è dunque la luce, e rappresenta Colei che è investita di luce, Colei che – nell’oscurità – porta la luce, ma anche Colei che apre gli occhi alla luce, e Colei che vede, poiché ha la luce negli occhi. E per sua stessa imprescindibile natura è lucente, pura, bianca, radiante.

Nel sud dell’Italia, la figura di Santa Lucia riprende i caratteri della martire siracusana, e i suoi festeggiamenti rimangono radicati nella religione cristiana. Nelle regioni del nord, invece, la benevole fanciulla si avvicina maggiormente alle divinità luminose apportatrici di fortuna e benedizioni che appartenevano all’antica religione, e si dice che arrivi nella sua lunga notte in groppa a un asinello, per portare dolci e regali ai bambini buoni. 

La tradizione vuole che la sera della vigilia si preparino dei biscotti per lei e, prima di andare a dormire, gliene si lasci un
piattino sul tavolo, insieme a qualche arancia, a mezzo bicchiere di vino rosso e a un fascio di paglia per il suo asinello. I bambini però non possono aspettarla alzati, perché se lei li trovasse ancora svegli al suo arrivo, getterebbe la cenere nei loro occhietti per accecarli. (4) La loro attesa verrà certamente ripagata al mattino, quando troveranno i doni desiderati, insieme a dolcetti, monete di cioccolato, biscottini di pastafrolla a forma di cavallini, stelle, cuori e alberelli – che si pensa portino fortuna e scaccino il male – e per i più monelli il carbone dolce.
Secondo alcuni studiosi, la buona Santa Lucia mediterranea non sarebbe altri che l’antica Dea Lucina, Juno Lucina o Lucetia, una divinità italica che era considerata la madre della luce.
Lucina veniva invocata perché elargisse i suoi doni di luce e abbondanza, e si credeva che potesse conferire l’illuminazione e la vista luminosa, probabilmente intesa come capacità di vedere i reami sottili, oltre il velo illusorio delle apparenze.
I simboli con i quali spesso si accompagnava erano la lampada, ovvero il lume che arde e rischiara il buio, la patera e la coccinella rossa; e Lucina era divina protettrice del travaglio e del parto.
Si credeva che fosse lei ad aprire per la prima volta gli occhi dei bimbi appena nati, donando loro la prima visione del mondo, e nel solstizio d’inverno era lei che riaccendeva il Sole e lo aiutava a sorgere. (5)

Portata dai missionari cristiani medioevali nei freddi Paesi nordici, dove la neve, i ghiacci, la fitta oscurità e il freddo pungente regnano sovrani per gran parte del ciclo annuale, la figura di Santa Lucia depose senza rimpianti le sue logore vesti di martire cristiana per rivestirsi della luce antica. Lei è la promessa del sorgere del sole, è il soffio tiepido che
annuncia il novello germogliare della vita, e rappresenta non solo la santa, ma anche la strega primitiva dell’inverno e la dea della primavera. (6)
In Svezia i festeggiamenti del solstizio d’inverno iniziano il tredici di dicembre con il Giorno di Santa Lucia, e fino al XII secolo si usava scegliere una fanciulla fra le più giovani, armoniose e belle, perché rappresentasse la Regina Lucia. Nel buio della notte, vestita di un lungo abito candido e con una corona di candele bianche sulla testa, la bella Lucia camminava per i borghi innevati del paese, preceduta da un uomo a cavallo e da un gruppetto di bambine e bambini che personificavano gli spiritelli e i troll dell’inverno, sconfitti dal sorgere del primo sole. Durante il suo luminoso corteo, la Regina Lucia visitava tutte le case, portando simbolicamente la sua benedizione e l’abbondanza di frutti e luce per l’anno a venire.
Nelle abitazioni più isolate, invece, si svolge ancora oggi il rito della Notte di Santa Lucia, riservato alla sola famiglia. Qui, la figlia più piccina si alza di mattina presto, quando fuori è ancora buio, e con la sua lunga camicia da notte bianca, un nastro scarlatto allacciato in vita, e in testa la coroncina di foglie e di sette candele accese, va a svegliare tutta la sua famiglia. Accompagnata dai dolcissimi canti delle sue sorelle, che simboleggiano le stelle luminose, la piccola Lucia porta in ogni stanza la sua luce e un vassoio pieno di biscotti e dolcetti speziati, che rappresentano la prosperità, la ricchezza e la fortuna che ci si augura per il nuovo ciclo annuale. E dopo l’incantato risveglio, tutti si riuniscono in una stanza illuminata da moltissime candele, dove si fa insieme un’abbondante e deliziosa colazione in onore di Lucia e delle sue benedizioni. (7)
Questa usanza nascerebbe dalla credenza secondo cui in Svezia, durante una durissima carestia, Santa Lucia arrivò il tredici di dicembre a rifocillare il paese, portando cibo e Luce
 Santa Lucia il giorno più corto che ci sia.”

À la Sainte-Lucie, les jour avance du saut d’une puce.”
(“A Santa Lucia il giorno avanza di un salto di pulce.”)
Detto popolare francese

Sospinta da un soffio di neve che danza fra le trine di ghiaccio, arriva la notte di Santa Lucia…

Nel cuore dell’oscurità più fitta le lanterne accese dondolano sui loro ganci arrugginiti, mazzi di vischio, abete e agrifoglio, appesi fuori dalla porta, raccolgono la brina e scacciano i folletti del buio, e una grande candela bianca arde davanti alla finestra. Il suo lume inviterà la santa fanciulla coronata di fiamme ad entrare, per scaldarsi vicino al focolare e lasciare sotto l’albero di Natale i suoi regali: dolcetti speziati, frutta secca e un piccolo raggio di luce.

In molti paesi d’Italia e del Nord Europa, la tradizione vuole che Lucia visiti le case nella notte del tredici dicembre, portando doni nutrienti e luminosi. Ma chi era in origine questa santa misteriosa? E quale volto di luce si cela oltre le sue mitigate sembianze odierne?
Secondo la storia dei santi Lucia fu una vergine che visse verso la fine del III secolo d.C. durante l’impero di Diocleziano, quando ancora esistevano le leggi che proibivano di praticare la religione cristiana. La fanciulla però desiderava ardentemente di consacrare la sua vita al cristianesimo, e così decise di donare tutti i suoi ricchi averi ai poveri e rifiutò il matrimonio, attirando le ire del suo promesso sposo, che la denunciò come cristiana alle autorità dell’epoca. La povera Lucia venne quindi processata, interrogata a lungo e torturata – sebbene gli atti del processo dichiarano che non patì alcun dolore – e infine venne data alle fiamme e poi decapitata. (1)

Alcune versioni medioevali della storia affermano che durante le torture alla giovane fossero stati cavati gli occhi, oppure che lei, per allontanare da sé l’insistente promesso sposo, se li fosse strappata e glieli avesse mandati dentro a un piatto, chiedendogli di essere lasciata in pace.
Questi avvenimenti secondari spiegherebbero la credenza secondo cui Lucia sia protettrice della vista e dei ciechi, nonché l’usanza di raffigurarla con un piattino, una coppa o una tazza, contenente i suoi occhi; ma ciò nonostante non vi è traccia nei documenti originari di quanto queste versioni più tarde affermarono, e quindi probabilmente si trattò di un travisamento lontano dal tema (presumibilmente) nativo, oppure di piccole ma significative aggiunte dettate da leggende anteriori. (2)

Dopo la sua morte, Lucia fu riconosciuta come martire cristiana ed elevata a santa patrona della città di Siracusa, diventando da subito profondamente cara al cuore dei fedeli, che la celebrano ogni anno durante le festività natalizie.

Questo è dunque ciò che riferisce l’agiografia di Lucia, la quale non sembra avere alcun legame con la religione precristiana e soprattutto con quella delle regioni scandinave, dove la festa a lei dedicata è ancora oggi una delle più sentite e onorate. Tuttavia, a differenza della sua storia comune, sono proprio il Giorno di Santa Lucia – Saint Lucy’s Day – e i suoi festeggiamenti ad essersi intrecciati a radici antiche, ovvero ad essersi innestati su festività solstiziali pagane, precedenti il cristianesimo e incentrate sul ritorno della luce nel buio e gelido inverno.
Nei primi tempi, infatti, la notte di Lucia era onorata proprio durante il solstizio invernale, con la chiara intenzione di sostituire le antiche celebrazioni popolari con una nuova ricorrenza accettata dalla chiesa, e solo dopo diverso tempo, a causa del passaggio dal calendario giuliano a quello gregoriano, questa festa risultò anticipata di dieci giorni.

La tradizione di Santa Lucia”, quindi, “è solo un altro esempio della cristianizzazione delle credenze e delle usanze pagane” (3) ed è proprio rivolgendoci a queste che possiamo scoprire, o ritrovare, il volto luminoso e benefico di quelle divinità femminili alle quali Lucia si è sovrapposta, o dalle quali è stata accolta come divina e splendente sorella.
Del resto il suo destino non poteva non essere quello che già il suo nome aveva voluto per lei: Lucia deriva infatti dal latino lux, col significato di “luce”, e si traduce anche con “puro, bianco, radiante”. Inoltre la radice latina lux è parallela alla radice sanscrita lok, che significa “vedere” e dà origine a lokate, “guardare” e locàna, “occhio”.
Lucia è dunque la luce, e rappresenta Colei che è investita di luce, Colei che – nell’oscurità – porta la luce, ma anche Colei che apre gli occhi alla luce, e Colei che vede, poiché ha la luce negli occhi. E per sua stessa imprescindibile natura è lucente, pura, bianca, radiante.

Nel sud dell’Italia, la figura di Santa Lucia riprende i caratteri della martire siracusana, e i suoi festeggiamenti rimangono radicati nella religione cristiana. Nelle regioni del nord, invece, la benevole fanciulla si avvicina maggiormente alle divinità luminose apportatrici di fortuna e benedizioni che appartenevano all’antica religione, e si dice che arrivi nella sua lunga notte in groppa a un asinello, per portare dolci e regali ai bambini buoni.
La tradizione vuole che la sera della vigilia si preparino dei biscotti per lei e, prima di andare a dormire, gliene si lasci un piattino sul tavolo, insieme a qualche arancia, a mezzo bicchiere di vino rosso e a un fascio di paglia per il suo asinello. I bambini però non possono aspettarla alzati, perché se lei li trovasse ancora svegli al suo arrivo, getterebbe la cenere nei loro occhietti per accecarli. (4) 

La loro attesa verrà certamente ripagata al mattino, quando troveranno i doni desiderati, insieme a dolcetti, monete di cioccolato, biscottini di pastafrolla a forma di cavallini, stelle, cuori e alberelli – che si pensa portino fortuna e scaccino il male – e per i più monelli il carbone dolce.
Secondo alcuni studiosi, la buona Santa Lucia mediterranea non sarebbe altri che l’antica Dea Lucina, Juno Lucina o Lucetia, una divinità italica che era considerata la madre della luce.
Lucina veniva invocata perché elargisse i suoi doni di luce e abbondanza, e si credeva che potesse conferire l’illuminazione e la vista luminosa, probabilmente intesa come capacità di vedere i reami sottili, oltre il velo illusorio delle apparenze.
I simboli con i quali spesso si accompagnava erano la lampada, ovvero il lume che arde e rischiara il buio, la patera e la coccinella rossa; e Lucina era divina protettrice del travaglio e del parto.
Si credeva che fosse lei ad aprire per la prima volta gli occhi dei bimbi appena nati, donando loro la prima visione del mondo, e nel solstizio d’inverno era lei che riaccendeva il Sole e lo aiutava a sorgere. (5)

Portata dai missionari cristiani medioevali nei freddi Paesi nordici, dove la neve, i ghiacci, la fitta oscurità e il freddo pungente regnano sovrani per gran parte del ciclo annuale, la figura di Santa Lucia depose senza rimpianti le sue logore vesti di martire cristiana per rivestirsi della luce antica. Lei è la promessa del sorgere del sole, è il soffio tiepido che annuncia il novello germogliare della vita, e rappresenta non solo la santa, ma anche la strega primitiva dell’inverno e la dea della primavera. (6)

In Svezia i festeggiamenti del solstizio d’inverno iniziano il tredici di dicembre con il Giorno di Santa Lucia, e fino al XII secolo si usava scegliere una fanciulla fra le più giovani, armoniose e belle, perché rappresentasse la Regina Lucia. Nel buio della notte, vestita di un lungo abito candido e con una corona di candele bianche sulla testa, la bella Lucia camminava per i borghi innevati del paese, preceduta da un uomo a cavallo e da un gruppetto di bambine e bambini che personificavano gli spiritelli e i troll dell’inverno, sconfitti dal sorgere del primo sole. Durante il suo luminoso corteo, la Regina Lucia visitava tutte le case, portando simbolicamente la sua benedizione e l’abbondanza di frutti e luce per l’anno a venire.

Nelle abitazioni più isolate, invece, si svolge ancora oggi il rito della Notte di Santa Lucia, riservato alla sola famiglia. Qui, la figlia più piccina si alza di mattina presto, quando fuori è ancora buio, e con la sua lunga camicia da notte bianca, un nastro scarlatto allacciato in vita, e in testa la coroncina di foglie e di sette candele accese, va a svegliare tutta la sua famiglia. Accompagnata dai dolcissimi canti delle sue sorelle, che simboleggiano le stelle luminose, la piccola Lucia porta in ogni stanza la sua luce e un vassoio pieno di biscotti e dolcetti speziati, che rappresentano la prosperità, la ricchezza e la fortuna che ci si augura per il nuovo ciclo annuale. E dopo l’incantato risveglio, tutti si riuniscono in una stanza illuminata da moltissime candele, dove si fa insieme un’abbondante e deliziosa colazione in onore di Lucia e delle sue benedizioni. (7)

Questa usanza nascerebbe dalla credenza secondo cui in Svezia, durante una durissima carestia, Santa Lucia arrivò il tredici di dicembre a rifocillare il paese, portando cibo e luce. Da quel giorno, ogni anno, le piccole Lucie vestite di bianco ripetono i gesti della loro madrina per le proprie famiglie.

Santa Lucia però non è solo una portatrice di luce, calore e abbondanza, ma come accennato, è anche una selvatica e glaciale strega d’inverno.
In Baviera è descritta come un’inquietante megera primitiva con la maschera di uccello, oppure come una donna travestita da capra volante, abituata a solcare nel suo volo ferino le notti gelate.

In Boemia invece, con i capelli acconciati come un cespuglio di agrifoglio “ghermito dal gelo, le labbra cerulee, lo sguardo pietrificante”, Lucia “infesta le bianche notti” alla ricerca di ladri e furfanti da rapire e infilare nella sua gerla, per portarli nelle profondità della terra. E quando raggiunge la sua sinistra grotta sotterranea, uno a uno apre loro la pancia, li imbottisce con la paglia e li aggiunge alla sua macabra collezione di bambole. (8)

Questi aspetti inquietanti, nonché la caratteristica di punire i malfattori, sono stati attribuiti a Lucia ma con ogni probabilità provengono dalla sua antenata nordica, la Lussi, uno spirito femminile dai tratti demoniaci che si diceva infestasse la notte del tredici dicembre portando scompiglio e terrore. Durante la Notte di Lussi, detta Lussinatta, si riteneva fosse meglio non intrattenersi fuori di casa, e soprattutto i bambini che avevano combinato qualche malefatta dovevano avere particolare cura di sé, perché Lussi avrebbe potuto calarsi giù dal camino e rapirli in un batter d’occhio. Inoltre ogni compito o lavoro cominciato doveva assolutamente essere terminato prima del calar del sole, altrimenti lei sarebbe comparsa e avrebbe maledetto la casa e i suoi abitanti.
Fra la Lussinatta e il solstizio d’inverno, si credeva che ogni genere di demoni, troll e fantasmi imperversasse per le campagne e per i villaggi, e spesso la stessa Lussi si accompagnava a tantissime altre Lussi uguali a lei, che componevano la sua terribile orda spettrale, chiamata Lussiferda. (9) 

E proprio per difendersi da Lussi, nel corso della Lussinatta veniva tramandata la tradizione della Lussiyaka, una veglia notturna che serviva a proteggere se stessi e la propria famiglia, preservandola da ogni male.
Lo spirito di Lussi, che viveva già da molto tempo fra i ghiacci di quelle terre nordiche poco ospitali, e forse ne personificava i rigidi e durissimi inverni, con i loro venti lamentosi e le interminabili tempeste di neve, col tempo si confuse quindi con Santa Lucia, la quale da una parte assunse gli aspetti della sua selvaggia antenata, prendendo il nome di Lucia die dunkle, “Lucia l’oscura”; dall’altra rimase la generosa fanciulla dai caratteri benefici e gentili, ovvero Lucia die helle, “Lucia la luminosa”. (10)

E dove una semina terrore e punisce delinquenti e bambini capricciosi, l’altra rassicura, e porta luce e dolci benedizioni.

È tuttavia nella sua veste benevola che Santa Lucia è più conosciuta e onorata. In Alsazia appare “col viso diafano, i lunghi capelli di canapa bionda” e una corona dorata ornata di candele e rose profumate. In molte regioni settentrionali, invece, nel suo luminoso e lungo abito bianco, Lucia esce dalle verdi e fitte foreste di conifere, “coronata di agrifoglio e luce”, per portare cibo e fuoco in ogni focolare. Lei è la buona Dama di Natale, che distribuisce regali e risveglia le gemme addormentate e i piccoli spiriti della natura, facendo tintinnare la sua piccola campana d’argento, o i mille campanellini che si racconta fossero cuciti sull’orlo del suo lungo strascico bianco. (11)

In alcuni racconti popolari, questa fanciulla di luce è la dolce vergine della primavera, che dorme di un sonno incantato per tutto il periodo invernale, o che ogni anno viene “imprigionata in una cella sotterranea da una delle vecchie orchesse dell’inverno: la Berchta, la Befana o Cailleach Bheur. Talvolta riesce a uscire da sola, altre volte invece il figlio della malvagia carceriera, perso d’amore per lei, la aiuta a fuggire”. (12)

E non appena riesce a liberarsi, o a destarsi, “ovunque si posi il suo delicato piedino la Natura si sveglia, il suolo indurito rinverdisce, la foresta morta germoglia, il fiume gelato che ella attraversa si rimette a vivere, a cantare, a serpeggiare fra le rive di una campagna che il sole inonda man mano che il flusso avanza liberato. E al ritorno del mazzo d’oro delle primule, il cucù becca i tronchi e canta: Santa Lucia si fidanza! Santa Lucia si sposa! Ecco le damigelle d’onore di Santa Lucia! ” (13)

Così la bella sposa bianca, portatrice del lume della vita, apre alla luce gli occhi del mondo. E laddove lei stessa era blu di gelo e avvolta da cristalli di ghiaccio e neve, ecco che ad ogni nuovo raggio dorato muta d’aspetto: “la pelle di marmo diventa rosata, il sangue affluisce e la bocca rifiorisce. I capelli brinati ritrovano l’oro del levante e si incoronano di fiori campestri, di rose e di sette candele.” (14)

Santa Lucia, ormai dimentica del suo passato da martire torturata e immolata, torna ad essere ciò che era sempre stata: bianca bambina di ghiaccio, selvaggia strega delle nevi, e al contempo ninfa di boschi e sorgenti e radiante regina di maggio. (15)

E Colei che nell’inesorabile tenebra della notte più lunga dell’anno, scocca la scintilla della vita, e dona la speranza del risveglio, benedetto dalla luce antica." (fonte:
http://www.tempiodellaninfa.net/public/modules.php?op=modload&name=News&file=article&sid=236&MDPROSID=)

                                         a cura di Maria Caterina Ranieri

 



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