Infiniti e
cari Auguri per una Serena Pasqua miei cari naviganti, di qualsiasi appartenenza
religiosa voi siate… io vi confesso che tutti i miei post, articoli sono
ispirazioni
“celesti,” mi vengono suggeriti,
quando lessi queste parole del profeta Isaia sono rimasta un po’ perplessa…ma
poi, leggendo fra le righe mi sono sembrate proprio l’augurio top da farvi per Pasqua…
"Àlzati, rivestiti
di luce, perché viene la tua luce,
la gloria del
Signore brilla sopra di te.
Poiché, ecco, la
tenebra ricopre la Terra,
nebbia fitta
avvolge i popoli;
ma su di te
risplende il Signore,
la sua gloria appare
su di te.
Cammineranno le
genti alla tua luce,
i re allo
splendore del tuo sorgere.
Alza gli occhi
intorno e guarda: tutti costoro si sono radunati, vengono a te.
I tuoi figli
vengono da lontano,
le tue figlie
sono portate in braccio.
Allora guarderai
e sarai raggiante,
palpiterà e si
dilaterà il tuo cu♥re,
perché
l’abbondanza del mare
si riverserà su di te,
verrà a te la ricchezza delle
genti.
Uno stuolo di
cammelli ti invaderà,
dromedari di Màdian e di Efa,
tutti verranno da Saba,
portando oro e incenso
e proclamando le Glorie del Signore."
(dal libro del
profeta Isaia)
Lo avete
compreso? Lo spero… altrimenti, vi indico la Via…
La Luce, la
vostra essenza che risplende… ci siete?
Ebbene sì, il
vostro Dono è voi stessi, il vostro Risveglio, dono per voi e per gli altri che
vi incontrano, che vi sfiorano anche solo per un attimo, la capacità di
dissolvere il buio istantaneamente,
che meraviglioso Dono! Spero per voi, che siate fra coloro che hanno posto il
semino di Voi nel Solstizio d’Inverno scorso e che lo abbiate accudito in
questo cammino fino ad oggi…
Splendida
sensazione, ritrovare noi stessi…vero?
Vogliamo parlare della Pasqua?
“Pasqua (fonte treccani.it)
Presso gli Ebrei, è la solennità con cui si
celebra la liberazione dalla schiavitù dell’Egitto; il nome viene dalla
tradizione biblica messo in rapporto con il verbo pāsaḥ
«passare oltre», a commemorazione del «passare oltre» del Dio d’Israele, che
nella notte dell’uccisione dei primogeniti egiziani risparmiò quelli ebrei.
Presso i cristiani, il nome è stato applicato
alla festa mobile che commemora la risurrezione di Cristo, la massima solennità
dell’anno liturgico.
L’istituzione
della P. è basata sulla narrazione biblica della liberazione degli Ebrei
dall’Egitto (Esodo, 12). Secondo tale racconto, il faraone impediva agli Ebrei
di lasciare la terra d’Egitto, né le prime 9 piaghe che Mosè aveva
fatto abbattere su di essa lo avevano mosso dal suo proposito. Fu allora la
volta della decima piaga. Per ordine di Dio, Mosè dispose che nel pomeriggio
del 14 del mese di abīb (detto poi nisān) ogni famiglia
ebrea immolasse un agnello e aspergesse col suo sangue gli stipiti e
l’architrave della porta di casa; ordinò inoltre che le carni della vittima
fossero arrostite e mangiate in fretta e in abito di partenti, insieme con pane
non fermentato (azimo) ed erbe amare. Nella notte stessa, Dio passò dinanzi
alle case egiziane e ne uccise tutti i primogeniti, risparmiando invece quelli
israeliti, le cui abitazioni erano riconoscibili dal sangue sugli stipiti.
Vinto da quest’ultima e più terribile prova, il faraone non si oppose a che gli
Ebrei, in assetto di partenza, si allontanassero.
La P. era una delle tre maggiori solennità
nelle quali si compiva il pellegrinaggio collettivo al Tempio di Gerusalemme.
La celebrazione si basava su tre riti essenziali: quelli del sacrificio
dell’agnello pasquale, del pane azimo e delle primizie agricole, che venivano
offerte il 16 di nisān sotto forma di un
manipolo di spighe. L’intera festa durava sette giorni, di cui il primo e
l’ultimo di festa solenne. La distruzione del Tempio (70 d.C.) rese
impraticabili il pellegrinaggio e il sacrificio, ma non abolì la festa con il
suo valore commemorativo. Nel corso dei secoli la celebrazione della P., e in
particolare della cena, si è arricchita di usi e riti supplementari e così si è
trasmessa attraverso il tempo nella ritualistica delle comunità ebraiche, fino
ai nostri giorni.
La P. è la più
antica e la più solenne delle feste cristiane. Cade la prima domenica dopo il
plenilunio di primavera; in pratica, secondo il computo di Dionigi il Piccolo
(525 d.C.), basato a sua volta su quello alessandrino più antico, fra il 22
marzo e il 25 aprile. È quindi una festa mobile, che regola gran parte
dell’anno liturgico (l’inizio della Quaresima e le solennità che seguono alla
P. stessa, come, per es., l’Ascensione e la Pentecoste).
Nella P., senza dubbio, la Chiesa intese
continuare la solennità omonima giudaica, ma imprimendole subito un suo significato
proprio. Specialmente in Oriente, una falsa etimologia della parola (quasi
derivasse dal greco πάσχειν «patire») fece
accentuare il ricordo della passione e della morte (ancora oggi i Greci
chiamano il venerdì santo/">santo P. della Crocifissione).
L’interpretazione paolina, che contrappose la festa cristiana a quella ebraica,
nel 2° e 3° sec. originò una questione piuttosto vivace fra l’Oriente, che
intendeva mantenere la data ebraica (14 nisān,
qualunque fosse il giorno della settimana), e l’Occidente, ove il
giorno di P. si faceva cadere sempre di domenica; nel Concilio di Nicea
(325) si decise di far cadere la P. nella domenica che segue il plenilunio
successivo all’equinozio di primavera (21 marzo). La controversia tra cristiani
celti e romani circa la data della P. si concluse in favore dell’uso romano nel
sinodo di Whitby (664).
La P. ha un’ottava, una volta considerata
tutta festiva, che continua in tono di gioia la celebrazione del mistero;
mentre è preceduta da una settimana (detta settimana santa) in cui vengono
commentati i fatti riguardanti la passione e morte in croce di Cristo, la sua
sepoltura e la risurrezione da morte; il giovedì, venerdì e sabato
costituiscono il triduo sacro.
Alla sera del sabato santo, durante la grande
veglia o vigilia notturna, gradatamente si passa dal lutto alla gioia della
risurrezione, rievocata – dopo il battesimo dei catecumeni e numerose letture,
canti e preghiere – con la messa solenne verso l’alba della domenica, la P.
propriamente detta, che intende celebrare con la massima solennità la
risurrezione di Cristo, culmine della sua opera di redenzione.
Buona Pasqua a tutti!
a cura di Maria Caterina Ranieri
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