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giovedì 4 ottobre 2018

San Francesco D’Assisi esoterico

Docente del Corso di Erboristeria “Di Erba in Erba©” Cromoterapeuta - CromoEstetica FloriTerapeuta Mediterranea - esperta di Cosmesi naturale personalizzata, Consulente naturopata - vasta esperienza anche con bimbi e anziani -  Istruttore di “Tài jí quán - 太极拳” e di “Tai Chi Kung” dello Stile Yang, della International Family Tai Chi Chuan blogger http://dierbainerba.blogspot.it - © Maria Caterina Ranieri 白蓮 – all rights reserved ॐ
San Francesco D’Assisi esoterico
a cura di Maria Caterina Ranieri
 
Buon onomastico S. Francesco! Auguri a tutti coloro che portano questo nome! ☺
 
Oggi San Francesco D'Assisi nacque qualche secolo fa'... grandi personaggi nella semplicità quotidiana si sono affacciati, successivamente, nelle pagine della storia divenendo immortali... 

Non sono un'esperta di teologia o di esoterismo, quindi,  prendo in prestito due articoli del web per parlarvi di ciò che non si racconta... buona lettura!

*** 

"La figura di San Francesco, nei secoli, è stata totalmente deformata e mutilata, al fine di presentarlo come un fraticello ossequioso e zelante alla Chiesa Cattolica, le cui caratteristiche principali erano la povertà e la semplicità.

L’opera di mutilazione inizia pochi anni dopo la sua morte, quando Bonaventura da Bagnoregio (che non ebbe mai modo di conoscerlo e frequentarlo, avendo vissuto e operato dopo la morte del santo) ebbe l’incarico di redigere una versione ufficiale della sua vita, e nel 1266, per ordine del capitolo di Parigi, vennero distrutte tutte le biografie compilate ad opera di altri frati che erano stati accanto a lui e lo avevano conosciuto. Venne quindi distrutta anche l’opera di Tommaso da Celano, redatta subito dopo la morte di Francesco al fine della canonizzazione del santo, che venne ritrovata solo nel 1800.

Ad oggi, quindi, la biografia di San Francesco è tratta unicamente dagli scritti di Tommaso da Celano, essendo quella di Bonaventura totalmente falsa e inattendibile. E anche quella di Tommaso, che comunque era tra i suoi discepoli e lo conobbe personalmente, era scritta ad uso e consumo della Chiesa Cattolica, al solo fine di favorirne la canonizzazione.

Vennero distrutti non solo molti suoi scritti, ma anche molto altro che lo riguardava, e insieme a ciò che riguarda la vita di Francesco, ancor di più è stato distrutto della vita di Santa Chiara (su cui non abbiamo praticamente nulla).

Nell’opera di demolizione, due figure sono state occultate in modo palese:
  • la figura di Frate Elia, da Francesco espressamente designato come suo successore e che, dai pochi documenti rimastici, si sa che fosse molto legato a Santa Chiara, tanto che questa lo teneva in considerazione più del Papa stesso;
  • e, come abbiamo detto, la figura di Santa Chiara, di cui non ci è rimasto quasi nulla per quanto riguarda ciò che fece in vita.
In realtà analizzando a fondo la vita del santo di Assisi, e collegando insieme alcuni dati, vengono fuori alcune cose molto interessanti.
  • Frate Elia era un alchimista, consigliere politico dell’imperatore Federico II, in stretto contatto coi Templari. Cosa legava un alchimista, templare, alla spiritualità Francescana?
  • I viaggi di San Francesco, Frate Elia, e Federico II in Terrasanta, ebbero come risultato una pace senza spargimento di sangue; il sultano Al Malik, parente del Saladino, dette il permesso ai pellegrini cristiani di andare a Gerusalemme senza pericolo. In altre parole, ottennero come risultato quello che era lo scopo delle Crociate; e lo ottennero senza spargimento di sangue.
  • Molti personaggi rosacrociani erano nel cosiddetto Terzo Ordine Francescano: Michelangelo, Dante Alighieri, Raffaello, Giotto. Cosa lega i Rosacroce a San Francesco e ai francescani in generale?
  • La madre di Francesco era Catara. E a quel tempo in Umbria e nel Lazio c’erano molte comunità catare. Non a caso la spiritualità Francescana era molto più vicina a quella Catara che alla Chiesa Cattolica, perlomeno negli aspetti esteriori.
  • Uno dei primi seguaci di San Francesco, Angelo Tancredi, era un templare. E, data la massiccia presenza templare ad Assisi, ai tempi di San Francesco, si può supporre agevolmente il contatto che doveva esserci tra la spiritualità Templare e quella Francescana. Contatto confermato, tra i tanti indizi dal fatto che nella Basilica di San Francesco, ad Assisi, è tumulato Giovanni di Brienne, templare, che aveva il titolo di Re di Gerusalemme, ed era suocero di Federico II.
  • A partire dalla missione che Frate Elia e San Francesco portarono avanti in Terrasanta, ai francescani venne attribuito il titolo di “Custodi della Terra santa” e furono autorizzati dal sultano stesso a soggiornare permanentemente in quei luoghi a partire dal 1229, anno in cui Federico II concluse la sua crociata in modo pacifico, dialogando col sultano Al Malik (lo stesso incontrato da San Francesco nel 1219).
  • La tomba di San Francesco, nascosta da Frate Elia per ragioni che ancora oggi non si riescono a spiegare, viene ritrovata solo nel 1818, ben 600 anni dopo la tumulazione, e, straordinariamente, non contiene alcun simbolo cristiano, ma al contrario, oggetti che, simbolicamente, richiamerebbero altro, come il corno e le bacchette d’avorio che richiamano i Sufi.
Se a questi dati ne aggiungiamo molti altri (il saio dei Francescani ha molto in comune con quello dei Sufi; la spiritualità Francescana e il suo pensiero sono in perfetta armonia con quella dei Catari, ma anche dei Templari; Francesco firmava i suoi scritti con la Tau e non col segno della croce, e segnava col Tau, come a benedirli, molti dei luoghi in cui sostava) risulta una verità storica molto diversa rispetto a quella che ci hanno tramandato.

San Francesco era un vero iniziato, e il suo ordine era solo una delle molteplici forme in cui i cosiddetti Giovanniti si erano costituiti per vivere secondo il pensiero e la dottrina di Cristo, e la sua spiritualità era quella universale, di tutte le religioni. San Francesco non era quindi un cattolico, ma un giovannita; apparteneva cioè a quella corrente spirituale cui appartenevano Catari, Albigesi, Bogomili, Patarini, Dolciniani, Fedeli d’Amore, Rosacroce, Templari, i quali tutti avevano un credo e un pensiero in perfetto accordo con quello dei Sufi, dei Cabalisti, ma anche di Buddisti e Induisti.

Non a caso Papa Giovanni Paolo II organizzò proprio ad Assisi l’incontro con i rappresentanti di tutte le religioni.

Autore Paolo Franceschetti (fonte


***

"Non era affatto un uomo di Chiesa: era un laico, che amava la sua compagna – Chiara – e predicava il messaggio di Cristo alle folle, criticando i ricchi e i potenti. Non era un prete, dunque, ma un cavaliere: ispirato dai Templari. E per giunta figlio di una donna proveniente dalla Linguadoca, la terra dei càtari, dove la Crociata Albigese stava facendo decine di migliaia di morti, con lo sterminio sistematico dei “boni homines”, i cristiani alternativi che stavano dalla parte degli ultimi. Ma poi accadde che, appena dopo la sua morte, il vero Francesco d’Assisi scomparve di colpo. Tutti i suoi documenti furono distrutti, bruciati. La sua memoria, cancellata. Al suo posto, nacque un nuovo San Francesco. Inventato di sana pianta, completamente falso: il San Francesco cattolico. Per riesumare le prime tracce di quello autentico ci vollero cinque secoli, col riemergere di un libro antico. Ma ormai era tardi: il Vaticano aveva fabbricato il docile “format” francescano, impresso nell’immaginario popolare.
E’ la grande rivelazione al centro del libro “San Francesco, le verità nascoste”, a cura di Gian Marco Bragadin. In 488 pagine pubblicate dalla casa editrice Melchisedek, il libro racconta la vera vita e il carattere del santo d’Assisi, rivelando «l’ipocrita ricostruzione che lo ha trasformato nel più fedele e mansueto servitore della Chiesa, nel medioevo e oltre, fino ai giorni d’oggi». Una clamorosa manipolazione storica: «Moltissimi documenti – scritti, memorie su Francesco (e probabilmente anche su Chiara) – sono stati dati alle fiamme per non propagare un ritratto non idoneo a farne un obbediente santo della Chiesa cattolica», racconta Bragadin, intervistato da “AdnKronos”. Un lavoro, il suo, sulla stessa lunghezza d’onda di “Francesco D’Assisi, la storia negata”, pubblicato di recente da Laterza e scritto dalla storica medievale Chiara Mercuri. Non a caso, per “riscrivere” la biografia dell’uomo di Assisi, fu incaricato «un frate erudito», Bonaventura, «che però non aveva conosciuto Francesco». Al biografo infedele fu ordinato di raccontare la vita del santo «attutendo, modificando, spesso cancellando del tutto ogni aspetto che poteva mettere in discussione quel ritratto del “poverello d’Assisi” che si è perseguito per secoli».

Quali sono, dunque, le verità nascoste? «Praticamente tutto quello che Francesco è stato ed ha fatto, per gran parte della sua vita», spiega Bragadin all’“AdnKronos”, sottolineando come San Francesco sia stato «un guerriero, che ha combattuto e che è stato imprigionato, e che più volte ha tentato di andare alla Crociata per diventare un valoroso cavaliere». Il vero Francesco «si è innamorato dell’ideale dei Templari, al punto che il suo ordine è modellato su quello templare». Inoltre, «templari erano alcuni suoi frati». La stessa madre di Francesco era nativa dell’Occitania, la patria dei càtari, cristiani “eretici” perché dualisti come i mazdei, i seguaci di Zoroastro, convinti che la creazione fosse opera del demiurgo, il “dio straniero”, nonostante ogni creatura avesse in sé la scintilla divina del “padre celeste”. In un mondo, quello feudale, basato sulla pretesa investitura “divina” del potere e quindi della proprietà terriera, il messaggio sociale dei càtari era devastante, intollerabile per l’ordine costituito: i “buoni cristiani” (così si chiamavano, tra loro) erano convinti che niente e nessuno potesse legittimare la “privata proprietà dei beni”. Da qui la loro scelta di campo, a fianco degli ultimi.

«Dai càtari – conferma Bragadin – Francesco ha preso il concetto di servizio ai poveri, il rifiuto della proprietà. Ma non si deve dire, perché la Chiesa all’epoca lanciò una crociata per distruggere i càtari, con massacri orribili». Si ricorda quello di Béziers: 20.000 persone sterminate per essersi rifiutate di consegnare ai crociati i 200 eretici presenti in città. «Uccideteli tutti, Dio riconoscerà i suoi», fu l’ordine dell’abate Arnaud Amaury, capo spirituale della crociata. Era il 1209. L’ultimo grande eccidio, nel 1244, a Montségur, sui Pirenei, con 220 “perfetti” càtari arsi sul rogo. Ma non finì lì. Proprio per debellare il Catarismo fu istituito il tribunale speciale dell’Inquisizione, che impiegò 70 anni ad estirpare l’eresia, con “purghe” terribili, torture, roghi. Un regime di terrore, fondato sulla delazione, che devastò la Francia meridionale, distruggendo il tessuto sociale di una regione che, per Simone Veil, era stata la culla della civiltà mediterranea medievale, la terra tollerante dov’era fiorita la poesia dei trovatori. Più tardi la contro-predicazione evangelica dei “buoni uomini” avrebbe lambito lo stesso ordine francescano, a lungo ritenuto anch’esso in odore di eresia, data la sua predilezione per i poveri e i loro diritti.

Ma Francesco d’Assisi – quello vero – non stimava solo i càtari. «Ha tentato in tutti i modi il contatto con i musulmani», racconta Bragadin: «Non per convertirli (lui non giudicava nessuno, mostrava il suo esempio di vita), ma per trovare i punti di unione tra le religioni, per raggiungere una pace duratura». Ancora oggi, da allora, i francescani hanno la cura del Santo Sepolcro a Gerusalemme, dono del Sultano a Francesco e Frate Elia. Tutte verità nascoste, perché Francesco, aggiunge Bragadin, «ha vissuto una esistenza da eretico, sempre sul filo di finire al rogo». Vista però la sua enorme popolarità, dovuta al rivoluzionario messaggio d’amore che portava, «si è fatta conoscere solo una parte della sua vita, nascondendo tutto ciò che lo riguardava», incluso il legame con «la sua amata compagna Chiara», unione che «poteva essere disdicevole per l’istituzione ecclesiastica». Pochi sanno, continua Bragadin, che Francesco «ha voluto restare sempre un laico». Certo, un laico sui generis: «Predicava il Vangelo nelle piazze, alle feste, nei mercati: come poteva, la rigida Chiesa del tempo, ammettere che un laico parlasse di Cristo alla gente? Poteva predicare agli uccelli o ai lupi, non alla gente. E invece Francesco non ha fatto altro per tutta la vita, perfino quando era malato». Non a caso, la storica Chiara Frugoni, in varie interviste, si domanda perché esistano migliaia di quadri e affreschi su Francesco, ma neanche uno in cui predica. «E la ragione è la seguente: non si voleva tramandare l’immagine di un laico che parlasse di Cristo».

Morto Francesco nel 1226, allontanati i suoi vecchi confratelli e segregata Chiara nel convento, sono scattate le grandi manovre per cancellarne la vera storia e dare ai fedeli «una immagine edulcorata di mansueto, docile soldatino della Chiesa cattolica», spiega Bragadin, attingendo a diverse fonti, tra cui molti scritti di Tommaso da Celano. Come si organizzò la grande impostura? Già nel 1260, al Capitolo, l’annuale riunione dei francescani che quell’anno si teneva a Narbonne, nella Francia mediterranea. A frate Bonaventura venne affidato il compito di scrivere una nuova biografia di Francesco, che fu poi approvata a Pisa nel 1263, durante il Capitolo successivo. Tre anni dopo, sempre il Capitolo (stavolta riunito a Parigi) «giunse a decretare la distruzione di tutte le biografie precedenti alla “Legenda Maior”, con la scusa che biografie diverse avrebbero condotto l’ordine verso una divisione». Una scelta atttuata in modo così meticoloso, aggiunge Bragadin, da far sparire dalla faccia della terra anche gli scritti di Francesco e quelli di Chiara, le lettere, le testimonianze. «Non solo: vennero distrutti nelle chiese immagini, affreschi, tutto». Damnatio memoriae. Sepolto il vero Francesco, doveva sopravvivere solo quello falso. E così sarebbe stato, fino al 1768.

Quell’anno, ormai in pieno Illuminismo, viene ritrovata miracolosamente “La Vita Prima”, del Celano, «a più di cinque secoli dalla morte di Francesco». Poco dopo torna alla luce anche “La Vita Seconda”, un manoscritto che Bragadin definisce «molto difettoso», scoperto nel 1806. E infine il terzo libro, “Il Trattato dei Miracoli”, «acquistato casualmente a un’asta pubblica nel 1900». Grazie a quei tre volumi, spiega l’autore, si è potuta finalmente ricostruire la biografia autentica del vero Francesco. Ma nei cinque secoli precedenti, aggiunge, il Vaticano «ha avuto tutto il tempo di costruire una storia artificiale e falsa». Lo confermano anche gli storici ufficiali: nell’agiografia di Bonaventura «si inventano anche false vicende, per far corrispondere la figura di Francesco a quanto si voleva tramandare, funzionale cioè alla posizione che voleva prendere l’ordine. E si trascura del tutto, naturalmente, la figura di Chiara e le sue vicende, quasi che le clarisse non facessero parte del movimento». Di Chiara «si sa poco», conferma il medievista Franco Cardini. Anche perché attorno al santo di Assisi fu fatta, letteralmente, terra bruciata: Bonaventura ordinò di dare alle fiamme tutti gli scritti su Francesco. «Sembra un ordine dal Cremlino». Da quel momento, la verità su Francesco, non sarebbe più stata quella della sua vita privata, ma una verità imposta dalla Chiesa.

Bragadin ha ignorato la storiografia ufficiale, affidata a documenti autentici ma inattendibili (menzogneri) e si è spinto in pellegrinaggio ad Assisi per almeno cento volte in un quarto di secolo, raccogliendo indizi e confidenze preziose da anziani monaci, segeretamente “innamorati” del vero Francesco. «Ho studiato attentamente ogni cosa – racconta – incluse le informazioni su Internet di frati o storici non allineati come Paul Sabatier, che ipotizza tutto quello che poi io ho provato a raccontare». E’ il caso, per esempio, dei colloqui con vecchi frati amici che «se ne fregavano, data l’età, di mantenere segreti sui due santi d’Assisi e sul loro immenso amore cosmico, che nell’ordine si tramandava per via orale». Dalle biografie di Celano, poi, affiorano storie «che sono al limite della decenza», perché emerge un Francesco che si mette a nudo, in chiesa, spogliandosi completamente. «Un estremista, barricadero, che incita la folla contro i potenti. No, un santo così non lo si può accettare». E’ decisamente troppo, per vescovi e cardinali.

L’autore parla anche dell’amore di Francesco per i Sufi, l’elusiva confraternita dei mistici orientali approdati all’Islam dopo aver attraversato l’induismo e il buddismo, mantenendo vivi molti aspetti del mazdeismo zoroastriano. Un network segreto, quello dei Sufi, da sempre impegnato per la pace. E’ un rosario Sufi, scrive Bragadin, quello tumulato insieme alle spoglie di Francesco, di cui l’autore ripercorre anche lo storico viaggio in Terrasanta. Fonti e storici ufficiali, racconta Bragadin, negano che Francesco, dopo i massacri dei Crociati a Damietta, nel 1220, si sia recato a Gerusalemme, nonostante avesse un permesso speciale del sultano El-Kamil, che aveva incontrato. «Ma come possiamo credere – dice l’autore – che Francesco, a pochi passi dalla meta, in quasi un anno di permanenza in Terrasanta, rinunci al sogno di una vita, visitare i luoghi santi del suo Gesù?». Altri documenti, infatti, dimostrano che quei luoghi li ha visitati. Lo ammette anche Ratzinger, sicuramente basandosi su fonti inoppugnabili: «San Francesco ha visitato il Santo Sepolcro, ci sono elementi certi», scrive Benedetto XVI. «Ha gettato un seme che avrebbe portato molto frutto».

Gli stessi documenti arabi confermano che Francesco abbia incontrato i Sufi: «Metà del “Cantico di Frate Sole”, sembra tratto dai poemi di Rumi», il massimo poeta islamico, afghano, fondatore della prima scuola Sufi dei Dervisci Rotanti. E il sultano, Francesco l’aveva incontrato «non certo per “convertirlo” (una fissa della Chiesa Cattolica), ma per confrontarsi in un rapporto di amore reciproco». Pace, nella diversità: unire ciò che è stato diviso. Francesco faceva parte, dunque, di una sorta di “intelligence informale” dell’epoca: una rete che, evidentemente, condivideva conoscenze esoteriche e collaborava per l’unità sostanziale dei popoli, al di là delle differenze religiose.

 “Perché il mondo non è nostro, e noi non siamo del mondo,” 

recita il “Pater” dei càtari, che sembra ispirato direttamente da Zoroastro e invita a liberarsi del “giogo” della materia. “Nel mondo, ma non del mondo”, è il motto dei Sufi.

 “Nulla possedendo, da nulla essendo posseduti”

Ecco in cosa credeva Francesco. Quello vero.

(Il libro: Gian Marco Bragadin, “San Francesco. Le verità nascoste” Melchisedek,).

(fonte

*** 

Ringrazio gli autori del prestito dei loro scritti che arricchiscono la nostra conoscenza e ci offrono numerosi spunti di riflessione...

a cura di Maria Caterina Ranieri



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