Inizia una settimana molto spirituale, un momento ideale per ritrovare la nostra essenza, siamo figli di Dio (ad ognuno il suo) sia che ne siamo consapevoli o meno...
"Con questa
festa oggi si ricorda l'ingresso trionfale di Gesù a Gerusalemme accolto dalla
folla che lo acclama come re agitando fronde e rami presi dai campi. Una
tradizione legata alla ricorrenza ebraica di Sukkot durante la quale i fedeli
salivano in pellegrinaggio al tempio di Gerusalemme portando un mazzetto
intrecciato di palme, mirto e salice.
la Domenica
delle Palme, con cui si ricorda l’entrata trionfale di Gesù a Gerusalemme
per andare incontro alla morte, inizia la Settimana Santa durante la
quale si rievocano gli ultimi giorni della vita terrena di Cristo e vengono
celebrate la sua Passione, Morte e Risurrezione.
Il racconto dell’ingresso di Cristo a Gerusalemme è presente in tutti e quattro i Vangeli, ma con alcune varianti: quelli di Matteo e Marco raccontano che la gente sventolava rami di alberi, o fronde prese dai campi, Luca non ne fa menzione mentre solo Giovanni parla di palme (Mt 21,1-9; Mc 11,1-10; Lc 19,30-38; Gv 12,12-16).
L’episodio rimanda alla celebrazione della festività ebraica di Sukkot, la “festa delle Capanne”, in occasione della quale i fedeli arrivavano in massa in pellegrinaggio a Gerusalemme e salivano al tempio in processione. Ciascuno portava in mano e sventolava il lulav, un piccolo mazzetto composto dai rami di tre alberi, la palma, simbolo della fede, il mirto, simbolo della preghiera che s’innalza verso il cielo, e il salice, la cui forma delle foglie rimandava alla bocca chiusa dei fedeli, in silenzio di fronte a Dio, legati insieme con un filo d’erba (Lv. 23,40). Spesso attaccato al centro c’era anche una specie di cedro, l’etrog (il buon frutto che Israele unito rappresentava per il mondo).
Il cammino era ritmato dalle invocazioni di salvezza (Osanna, in ebraico Hoshana) in quella che col tempo divenuta una celebrazione corale della liberazione dall’Egitto: dopo il passaggio del mar Rosso, il popolo per quarant’anni era vissuto sotto delle tende, nelle capanne; secondo la tradizione, il Messia atteso si sarebbe manifestato proprio durante questa festa.
Il racconto dell’ingresso di Cristo a Gerusalemme è presente in tutti e quattro i Vangeli, ma con alcune varianti: quelli di Matteo e Marco raccontano che la gente sventolava rami di alberi, o fronde prese dai campi, Luca non ne fa menzione mentre solo Giovanni parla di palme (Mt 21,1-9; Mc 11,1-10; Lc 19,30-38; Gv 12,12-16).
L’episodio rimanda alla celebrazione della festività ebraica di Sukkot, la “festa delle Capanne”, in occasione della quale i fedeli arrivavano in massa in pellegrinaggio a Gerusalemme e salivano al tempio in processione. Ciascuno portava in mano e sventolava il lulav, un piccolo mazzetto composto dai rami di tre alberi, la palma, simbolo della fede, il mirto, simbolo della preghiera che s’innalza verso il cielo, e il salice, la cui forma delle foglie rimandava alla bocca chiusa dei fedeli, in silenzio di fronte a Dio, legati insieme con un filo d’erba (Lv. 23,40). Spesso attaccato al centro c’era anche una specie di cedro, l’etrog (il buon frutto che Israele unito rappresentava per il mondo).
Il cammino era ritmato dalle invocazioni di salvezza (Osanna, in ebraico Hoshana) in quella che col tempo divenuta una celebrazione corale della liberazione dall’Egitto: dopo il passaggio del mar Rosso, il popolo per quarant’anni era vissuto sotto delle tende, nelle capanne; secondo la tradizione, il Messia atteso si sarebbe manifestato proprio durante questa festa.
La scelta dell'asina al posto del cavallo
Gesù, quindi,
fa il suo ingresso a Gerusalemme, sede del potere civile e religioso della
Palestina, acclamato come si faceva solo con i re però a cavalcioni di
un’asina, in segno di umiltà e mitezza. La cavalcatura dei re, solitamente
guerrieri, era infatti il cavallo.
I Vangeli narrano che Gesù arrivato con i discepoli a Betfage, vicino Gerusalemme (era la sera del sabato), mandò due di loro nel villaggio a prelevare un’asina legata con un puledro e condurli da lui; se qualcuno avesse obiettato, avrebbero dovuto dire che il Signore ne aveva bisogno, ma sarebbero stati rimandati subito. Dice il Vangelo di Matteo (21, 1-11) che questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato annunziato dal profeta Zaccaria (9, 9) «Dite alla figlia di Sion; Ecco il tuo re viene a te mite, seduto su un’asina, con un puledro figlio di bestia da soma».
I discepoli fecero quanto richiesto e condotti i due animali, la mattina dopo li coprirono con dei mantelli e Gesù vi si pose a sedere avviandosi a Gerusalemme.
Qui la folla numerosissima, radunata dalle voci dell’arrivo del Messia, stese a terra i mantelli, mentre altri tagliavano rami dagli alberi di ulivo e di palma, abbondanti nella regione, e agitandoli festosamente rendevano onore a Gesù esclamando «Osanna al figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nell’alto dei cieli!».
I Vangeli narrano che Gesù arrivato con i discepoli a Betfage, vicino Gerusalemme (era la sera del sabato), mandò due di loro nel villaggio a prelevare un’asina legata con un puledro e condurli da lui; se qualcuno avesse obiettato, avrebbero dovuto dire che il Signore ne aveva bisogno, ma sarebbero stati rimandati subito. Dice il Vangelo di Matteo (21, 1-11) che questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato annunziato dal profeta Zaccaria (9, 9) «Dite alla figlia di Sion; Ecco il tuo re viene a te mite, seduto su un’asina, con un puledro figlio di bestia da soma».
I discepoli fecero quanto richiesto e condotti i due animali, la mattina dopo li coprirono con dei mantelli e Gesù vi si pose a sedere avviandosi a Gerusalemme.
Qui la folla numerosissima, radunata dalle voci dell’arrivo del Messia, stese a terra i mantelli, mentre altri tagliavano rami dagli alberi di ulivo e di palma, abbondanti nella regione, e agitandoli festosamente rendevano onore a Gesù esclamando «Osanna al figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nell’alto dei cieli!».
La liturgia con la lettura della Passione
La liturgia
della Domenica delle Palme, si svolge iniziando da un luogo adatto al di fuori
della chiesa; i fedeli si radunano e il sacerdote benedice i rami di ulivo o di
palma, che dopo la lettura di un brano evangelico, vengono distribuiti ai
fedeli, quindi si dà inizio alla processione fin dentro la chiesa. Qui giunti
continua la celebrazione della Messa, che si distingue per la lunga lettura
della Passione di Gesù, tratta dai Vangeli di Marco, Luca, Matteo, secondo
il ciclico calendario liturgico; il testo della Passione non è lo stesso che si
legge nella celebrazione del Venerdì Santo, che è il testo del Vangelo
di San Giovanni.
Il racconto della Passione viene letto alternativamente da tre lettori rappresentanti: il cronista, i personaggi delle vicenda e Cristo stesso. Esso è articolato in quattro parti: l’arresto di Gesù; il processo giudaico; il processo romano; la condanna, l’esecuzione, morte e sepoltura.
Al termine della Messa, i fedeli portano a casa i rametti di ulivo benedetti, conservati quali simbolo di pace, scambiandone parte con parenti ed amici. Si usa in molte regioni, che il capofamiglia utilizzi un rametto, intinto nell’acqua benedetta durante la veglia pasquale, per benedire la tavola imbandita nel giorno di Pasqua.
Il racconto della Passione viene letto alternativamente da tre lettori rappresentanti: il cronista, i personaggi delle vicenda e Cristo stesso. Esso è articolato in quattro parti: l’arresto di Gesù; il processo giudaico; il processo romano; la condanna, l’esecuzione, morte e sepoltura.
Al termine della Messa, i fedeli portano a casa i rametti di ulivo benedetti, conservati quali simbolo di pace, scambiandone parte con parenti ed amici. Si usa in molte regioni, che il capofamiglia utilizzi un rametto, intinto nell’acqua benedetta durante la veglia pasquale, per benedire la tavola imbandita nel giorno di Pasqua.
La data è mobile e legata alla Pasqua
La Domenica
delle Palme è celebrata dai cattolici, dagli ortodossi e dai protestanti, e
cade durante la Quaresima, che termina Giovedì Santo, primo giorno del
cosiddetto “Triduo Pasquale”.
Questa festa non cade sempre nello stesso giorno perché è legata direttamente alla Pasqua, la cui data cambia ogni anno. La festa è mobile e viene fissata in base alla prima luna piena successiva all’equinozio di primavera del 21 marzo. La data della Pasqua per i cattolici oscilla quindi tra il 22 marzo e il 25 aprile. Se, per esempio, la luna piena si verifica un sabato 21 marzo, la Pasqua cade il 22 marzo, ovvero la domenica immediatamente successiva all’equinozio.
Per gli ortodossi la data oscilla tra il 4 aprile e l’8 maggio perché utilizzano il calendario giuliano e non quello gregoriano come i protestanti e i cattolici
Questa festa non cade sempre nello stesso giorno perché è legata direttamente alla Pasqua, la cui data cambia ogni anno. La festa è mobile e viene fissata in base alla prima luna piena successiva all’equinozio di primavera del 21 marzo. La data della Pasqua per i cattolici oscilla quindi tra il 22 marzo e il 25 aprile. Se, per esempio, la luna piena si verifica un sabato 21 marzo, la Pasqua cade il 22 marzo, ovvero la domenica immediatamente successiva all’equinozio.
Per gli ortodossi la data oscilla tra il 4 aprile e l’8 maggio perché utilizzano il calendario giuliano e non quello gregoriano come i protestanti e i cattolici
(fonte:http://www.famigliacristiana.it/articolo/cosa-si-celebra-e-perche-si-usano-rami-d-ulivo.aspx)
Il
racconto dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme è presente in tutti e quattro i
Vangeli, ma con delle varianti: Matteo e Marco raccontano che la gente
sventolava rami di alberi, o fronde prese dai campi, Luca non ne fa menzione
mentre solo Giovanni parla di palme (Mt 21,1-9; Mc 11,1-10; Lc 19,30-38; Gv
12,12-16). Cos’è successo realmente?
L’episodio
rimanda a tradizioni legate alla celebrazione della festività ebraica di Sukkot (festa delle
Capanne), una festa di pellegrinaggio in occasione della quale i fedeli
arrivavano in massa a Gerusalemme e salivano al tempio in processione. Ciascuno
portava in mano e sventolava il lulav,
un mazzetto composto dai rami di tre alberi, la palma (che simboleggiava la
fede attiva), il mirto (che con il suo profumo richiamava la preghiera che sale
al cielo) e il salice (che per la forma delle foglie rimandava alla bocca
chiusa dei fedeli, in silenzio di fronte a Dio), legati insieme con un filo
d’erba (Lv. 23,40). Spesso attaccato al centro c’era anche una specie di cedro,
l’etrog
(il buon frutto che Israele unito rappresentava per il mondo). Il cammino era
ritmato dalle invocazioni di salvezza (Osanna,
in ebraico Hoshana
che significa aiutaci, salvaci) in quella che era col tempo divenuta una
celebrazione corale della liberazione dall’Egitto: dopo il passaggio del mar
Rosso, il popolo per quarant’anni era vissuto sotto delle tende, nelle capanne;
secondo la tradizione, il Messia atteso si sarebbe manifestato proprio durante
questa festa, cosa che aiuta a comprendere l’importanza di ciò che avviene
all’ingresso di Gesù a Gerusalemme.
La
benedizione delle palme è documentata sin dal VII secolo ed ebbe uno sviluppo
di cerimonie e di canti adeguato all’importanza sempre maggiore data alla
processione. Questa è testimoniata a Gerusalemme dalla fine del IV secolo e
quasi subito fu accolta dalla liturgia della Siria e dell’Egitto, più tardi in
Occidente.
Anche
per la pluralità dei racconti evangelici, i cristiani utilizzarono rami delle
piante più diffuse nelle varie zone. Nel bacino del Mediterraneo l’uso
dell’ulivo, anche per i suoi numerosi rimandi biblici, divenne presto
preponderante, ma durante la processione si sventolano anche palme (in Italia
sono famosi i parmureli liguri) o rami di salice, di acero, faggio, betulla,
nocciolo, uva spina o ginepro (in diverse zone europee). [...] "
(fonte: http://www.chicercate.net/2015/03/11-ma-erano-palme-oppure-ulivi/
Buona Domenica delle Palme da Maria Caterina Ranieri
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